Discussione generale
Data: 
Giovedì, 10 Novembre, 2022
Nome: 
Ilenia Malavasi

A.C. 5-A

Presidente, colleghi e colleghe, sottosegretario Albano, devo dire che è la prima volta che intervengo in quest'Aula parlamentare e lo faccio con tutto il rispetto, la responsabilità e la serietà che il ruolo richiede e che i nostri elettori ci hanno assegnato. Intervengo, tra l'altro, all'interno di un atto importante, un decreto-legge che assegna risorse preziose per il Paese, ma lo faccio in modo particolare per sottolineare, anche come membro della Commissione speciale, la delusione per non aver visto accogliere quasi nessun emendamento delle opposizioni, possiamo dire “nessuno”, soprattutto quelle proposte che certamente non erano né provocatorie né di parte, ma che avevano provato ad ascoltare e ad accogliere alcune delle tante sollecitazioni che erano arrivate dalle associazioni economiche di categoria, dai sindacati, dalle rappresentanze, dai comuni, dalle province e dalle regioni, per provare a porre rimedio o a migliorare ulteriormente il decreto che ci apprestiamo a convertire in legge.

Sono consapevole che si tratta di un decreto che viene dal Governo precedente e su cui l'attuale maggioranza ha avuto un atteggiamento di apertura e di collaborazione, che è stato evidente anche nella Commissione parlamentare, ma questo non toglie che ci sono esigenze ed urgenze che bisogna ascoltare, con un atteggiamento dialettico assolutamente differente. Sono passati, infatti, alcuni mesi e le condizioni non sono cambiate. Questo richiede celerità di azione e di decisione per il bene del nostro Paese. Ce lo chiede il Paese, ce lo chiedono le imprese, i cittadini, il terzo settore, la scuola, la sanità e le autonomie locali. Ed è proprio sugli enti e sul ruolo strategico degli enti locali che mi voglio assolutamente soffermare. Come molti di noi, sono stata una sindaca, un amministratore locale, e so bene quanto sia faticoso l'amministrare, ma so anche bene quanto i comuni costituiscano l'asse portante del nostro Paese, tutti, indipendentemente dalla loro dimensione. Quasi 8 mila comuni italiani e quasi 110 province erogano quotidianamente servizi pubblici essenziali fondamentali per garantire qualità della vita ai nostri cittadini e alle nostre cittadine, servizi alla persona, assistenza agli anziani, sostegno alle tante fragilità sociali: scuole, sostegno al terzo settore, case protette, servizi culturali, sport, solo per fare qualche esempio.

Nel decreto ci sono risorse preziose. L'articolo 5, l'articolo 8 e l'articolo 13 stanziano risorse, ma sono tutte risorse stanziate dal Governo Draghi, dal Governo precedente, su cui l'attuale Governo non ha aggiunto un solo euro. Stupisce davvero molto questa chiusura, questo silenzio assordante su questi temi e sulle tante richieste, devo dire bipartisan, che sono arrivate da ANCI e da UPI. Per non parlare delle richieste di preoccupazione giunte dalle regioni, che chiedono insieme un confronto con il Governo per la situazione drammatica dei bilanci del 2022 e che sono profondamente gravate dalle spese del COVID non ancora rimborsate e dai costi per l'organizzazione della campagna vaccinale, a cui si sommano i significativi aumenti dei costi legati al consumo dell'energia delle strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche, private ed accreditate. Ne va della tutela della salute dei nostri cittadini e della garanzia del diritto alla salute. Tutti gli emendamenti sono stati bocciati, tutti quelli che chiedevano risorse per aiutare gli enti locali a fronteggiare la crisi economica e sociale, il caro bollette e il caro materiali, che rischiano di bloccare i cantieri.

Ricordo che le autonomie locali, i comuni e le città sono il principale investitore pubblico del nostro Paese. I ristori finora decisi a favore dei comuni, pari a 860 milioni di euro, sono un importante sostegno, ma coprono circa il 55 per cento dei costi sostenuti annualmente in condizioni di normalità. Le evidenze emerse - lo rilevano le stime dell'ANCI - dimostrano una tendenza media di aumento che si avvicina al 100 per cento. Per questo gli emendamenti erano così importanti: per garantire la chiusura dei bilanci del 2022 e per programmare con risorse certe il bilancio del 2023, almeno il primo semestre. Sappiamo tutti bene che questa era l'ultima finestra utile per sostenere i nostri comuni. Nessun comune sarà in grado di fare i bilanci di previsione entro dicembre, se non avrà certezza di risorse e di entrate. Non vorrei che questo Governo si fosse dimenticato che, oltre alle imprese e alle famiglie più volte citate in quest'Aula e anche nelle audizioni, esistono anche gli enti locali. Perché sostenere enti locali, comuni, province e regioni significa mettere i cittadini, con i loro bisogni e i loro diritti, al primo posto, garantendo servizi essenziali e permettendo loro di fruire di diritti fondamentali.

Faccio qualche esempio. Abbiamo proposto di aumentare, accogliendo una proposta e una stima di ANCI e di UPI, un fondo di 1 miliardo per terminare e chiudere i bilanci del 2022 e programmare i bilanci del 2023. La risposta è stata ovviamente: no, non ci sono le coperture economiche di parte corrente. Abbiamo proposto di rifinanziare una prassi, che è stata utilizzata in pandemia, con i bonus alimentari per sostenere le famiglie più fragili, con un fondo di 500 milioni sul 2022. La risposta è stata sempre: no, non ci sono le coperture di spesa.

Abbiamo proposto anche di aiutare i comuni che hanno investito in energie rinnovabili, perché parliamo sempre di questo. I comuni che lo hanno fatto sono stati virtuosi, hanno installato pannelli sugli edifici pubblici, sulle scuole, sugli ospedali, sulle palestre, hanno fatto parchi fotovoltaici, dovendo però pagare gli extraprofitti. Una misura iniqua, che abbiamo proposto di abolire, proprio per evitare di equiparare i comuni che reinvestono quelle risorse in servizi come se fossero delle aziende di capitale. La risposta è sempre stata “no”, anche laddove non era una questione di risorse.

Faccio qualche esempio. Abbiamo chiesto semplificazioni amministrative, tempi celeri e certi per le autorizzazioni necessarie per i progetti del PNRR, un calcolo differente per stabilire il Fondo di garanzia per i debiti commerciali, che blocca le risorse dei bilanci. Abbiamo chiesto di riutilizzare i ribassi d'asta nei progetti dell'edilizia scolastica, che possano aiutare a pagare il caro dei materiali, che tanto sta bloccando i nostri cantieri. E ancora, agevolare i mutui per i comuni terremotati dal sisma del 2012, proprio per il caro delle bollette, con una sospensione nel 2023. È sempre stato detto di no.

Ma la cosa che voglio raccontare, che più mi ha colpito, è che è stato detto di no alla proposta di attivare un tavolo di lavoro tecnico di confronto con il MEF per condividere informazioni e prendere decisioni comuni - un tavolo che era già stato utilizzato con soddisfazione tra il 2020 e il 2021 per la gestione pandemica -, per parlare, per dialogare, per costruire insieme modalità per affrontare le emergenze del Paese.

A tutti questi “no” se ne sono aggiunti altri: non ci sono maggiori risorse per il terzo settore, così come non ci sono maggiori risorse per gli enti di formazione professionale, che hanno chiesto aiuto per il caro bollette. Ricordo che questi enti erogano un pezzo importante del diritto allo studio per i nostri ragazzi.

È stata fatta una scelta, legittima: quella di non tendere la mano ai nostri comuni e alle nostre province, che stanno affrontando situazioni drammatiche, con rischi di default diffusi e reali. Dico ‘una scelta' perché nella NADEF, ieri discussa e votata, si evince che i soldi ci sono, con una previsione di 9 miliardi nel 2022 e 21 nel 2023, che saranno esclusivamente destinati ad imprese e famiglie. Questo Giorgetti ci aveva anticipato ed è stato riaffermato anche in Aula durante la votazione. Per tutti gli altri settori, ha sempre detto il Ministro, dal terzo settore, alla sanità, alla scuola, agli enti locali, dovremo cercare altre risorse, individuando compensazioni interne. Come? Dove? Questo ancora non l'abbiamo capito, non ci è stato detto. Hanno detto che bisognerà cercare.

Serve decisamente un'attenzione differente, un cambio di passo, di modo di lavorare insieme. Specifico perché non voglio essere fraintesa: va benissimo il sostegno alle imprese e alle famiglie, ma nel frattempo non possiamo permettere che chiudano i servizi pubblici importanti. A novembre la fiscalità locale non si può cambiare, le entrate sono già certe. Davvero una scelta che giudico grave e pericolosa.

Sollecito, dunque, il Governo affinché nella prossima legge di bilancio stanzi le risorse necessarie, aprendo subito un'interlocuzione con ANCI e con UPI, oltre che con le regioni, per creare quelle condizioni di stabilità necessarie al Paese. Nel 2023, senza alcun cambiamento, verranno comunque meno 360 milioni di euro e a questi si aggiungeranno i rincari energia e materiali. C'è un futuro triste per i nostri comuni, che chiedono davvero di ascoltare le loro richieste, perché non sarà possibile in questo modo predisporre i bilanci di previsione. Voglio sperare che non sarà così e che, invece, ci sia l'attenzione giusta, e che i sindaci e le sindache non siano obbligati ad agire sulla fiscalità locale, con un Governo che se ne lava le mani, perché così sarà solamente colpa degli amministratori locali.

Su questo vigileremo, solleciteremo ascolto, attenzione e la necessaria concretezza nelle decisioni, perché questo Paese lo merita. E lavoreremo affinché le richieste di aiuto dei comuni e delle province vengano ascoltate da questo Governo. Aspettiamo risposte concrete, perché i cittadini su questo ci misureranno e noi misureremo su questo le azioni del Governo, al quale garantiremo un'opposizione seria e costruttiva, ma anche intransigente per il bene del Paese.